MOLLENTE NOCCHIE.( ciò che vuol dire lo scoprirete all'interno )
"...non tutte le ciambelle riescono con il buco, ma quelle senza non è detto che siano meno buone...anzi "
Chiacchierate, impressioni, manie, amori, divagazioni, scherzi, racconti, sensazioni, conclusioni….di chi la vita la vive e non la recita…
Tutto quanto “ fa spettacolo” !
Sei anni trascorsi con ragazzi diversabili quale Tecnico Docente presso il Laboratorio Sociale di Restauro Mobili nella Comunità Capodarco di Roma.
Il bozzetto in copertina è di Ilaria Leonardi.
1. DELLA FASCIATURA.
Tremendo, ma di un tremendo simpatico e accattivante è il primo approccio, il primo incontro con i ragazzi. Repentina è stata l’approvazione del finanziamento dei vari laboratori da parte di un Ente Assicurativo assai sensibile a tali iniziative sociali e assai più repentina la mia chiamata a dirigere la parte tecnica del Laboratorio di restauro mobili ed oggettistica in genere (gia se ne era parlato da tempo, e da tempo avevo offerto la mia collaborazione). Tanto repentina che mi ha sorpreso con il braccio al collo in quanto due giorni prima avevo subito un’operazioncina alla mano, al tunnel carpale. Roba di poco conto, ma intanto la fasciatura c’era ed era anche ben visibile. I ragazzi erano seduti intorno ad un tavolo nel giardino attiguo il laboratorio, tutti intenti a parlottare con l’espressione di chi pensa:
“Vediamo che succede”, essendo una novità anche per loro. Il responsabile del settore mi accompagna e mi presenta:“Questo signore è Luciano e da questo momento è il vostro maestro di restauro; vi insegnerà a …” Il resto della frase viene sommersa da vari: “Buongiorno, Ciao, Benvenuto, Salve…” ma ecco che si fa un breve momento di silenzio di quelli che capitano all’improvviso, magari quando stai pronunciando una parola un po’ spinta. La spari ignaro,ma poi guardandoti intorno vedi che sei al centro dell’attenzione, così che vorresti diventare piccolo piccolo e scomparire…
In questo silenzio, appunto, emerge unica una vocina dall’accento romanesco che è come un’accettata:"Nnamo bbene… e che ce vole’ nsegnà questo che ggià s'è fatto male ppe cconto suo!”. Roba che se detta in altre situazioni e da altre persone, il minimo da fare era girare i tacchi e andarsene con andatura veloce… Invece no. Per un attimo mi ha pervaso un senso di euforia provocata da quella affermazione tanto cruda e senza scrupoli quanto vera, semplice, sincera della ragazza. In quell’attimo mi sono reso conto di essere capitato in un mondo di semplicità, di sincerità e di dolce ingenuità. Nel fantastico mondo dei meno fortunati….dei disabili… ed ho avuto una sensazione strana: come di sprofondare in un gran cuscinotto di piume… Allora mi sono sussurrato tra me e me:"Quì starò magnificamente”.
2 . DEGLI ATTREZZI.
Sono arrivati gli attrezzi da lavoro… e per loro è una grande festa il vedere tutti quegli oggetti misteriosi tirati fuori dagli scatoloni e riposti in bella mostra sui banchi da lavoro. Tutti conoscono il martello o la sega ma non sanno cos’è una sgorbia o una fresa e allora tutti chiedono, e ...chiedono tutti insieme. Vogliono sapere a cosa serve questo o quell’attrezzo. Cerco di accontentarli, mi faccio in quattro nelle spiegazioni e non mi stanco di ripetere e chiarire uando vedo che qualcuno mi guarda con aria incredula come per dirmi: “Che c… dici!..." che non può dirlo perchè è una parolaccia e le “parolacce non si dicono perchè sono cose brutte”. Intuendo il suo stato d’animo allora mi rivolgo direttamente a lui e lo vedo molto contento per questa mia attenzione. Mi sento come una fontanella di acqua fresca che all’avvicinarsi di un povero passante sudato e assetato gode nel vedere che ciò che per essa è semplice e naturalalissima acqua, per qualcuno invece è ristoro e piacere… e vita! Allora non la smette più di elargirne in gran quantità…
Continua la descrizione degli attrezzi e al comparire dei taglierini, noto un certo distacco da parte loro e in particolare uno ha uno scatto di sorpresa e si allontana; allora Teresa (chi e Teresa lo vedremo più avanti) mi spiega che il ragazzo ha avuto, qualche volta a che fare con i taglierini. Quando ne trovava qualcuno lo rubacchiava e riteneva bene il doversi tagliare i peli delle sopracciglia, delle ascelle e quanti altri ne trovava in giro per il corpo con logici e conseguenti tagliuzzamenti un po’ dappertutto.
Cose lievi che però procuravano abbastanza fuoriuscite di sangue, tanto da farlo apparire come se fosse stato macinato in un tritacarne impressionando così i suoi compagni e impressionandosi per conto suo. Mi viene spontaneo:“Ma i peli… dappertutto? Anche lì?”
“No, lì no!” mi risponde un po’ imbarazzata Teresa, non avendo con me ancora troppa confidenza "Ma vieni avanti e te ne accorgerai con che elemento avrai a che fare" Poi continuando mi dice:
“ Perchè, risparmia quella zona lo scoprirai in seguito… lì si vuole troppo bene… ma non mi far dire altro, vedrai!” Incomincio a capire…
“Toglili, mettili via, che mi mettono ansia” mi implora il giovanotto; e allora togliamo i taglierini dalla vista e li riponiamo in un cassetto chiuso a chiave.
“Vedrai con quante manie e quante fisse ti dovrai scontrare e dovrai fare i conti…”, mi sussurra una ragazza che offre opera di volontariato presso il laboratorio; annuisco e continuo a descrivere gli attrezzi. Spiego, illustro e rispiego a cosa servono e alla fine mi accorgo che sono …più confusi di prima… Tempo sprecato? Macchè! Io penso che sia tempo sprecato perchè misuro e valuto la situazione con il mio metro, ma il loro è divrso. Loro, zitti zitti, o fra mille domande hanno osservato e assimilato tutto l’insieme… non credo che possano distinguere un cacciavite da uno scalpello, ma di tutto questo insieme senz’altro avranno fatto tesoro traendo anche un certo appagamento e godimento. Infatti a fine lezione ho potuto captare ciò che diceva uno di loro tutto raggiante al padre che era venuto a prenderlo:
“Oggi ci hanno portato gli attrezzi per lavorare… Vedesti quanta roba!”
“Che tipo di attrezzi?” replica il padre tra il curioso e il preoccupato,
“E che ne so! ” risponde il ragazzo “Ma vedesti quanto sono belli… Luciano ha detto che piano piano ci imparerà ad usarli tutti!” continua entusiasta e poi mi saluta, ma io neanche me ne accorgo; la frase “Luciano ha detto” per un momento mi ha portato fuori dal laboratorio; “Luciano ha detto, Luciano ha detto!” Quante volte sentirò ripetere questa frase e quanto sarà bello il sentirla ripetere!
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