1950...una giornata a spasso per Gualdo.(tratto dal libro "NOI...PRE SEMPIO")

“NOI…PRE SEMPIO…” …boccaccia mia statte zitta….

“Il mondo comico e ironico, ma anche sincero e a volte surreale di Sisto e Calice.”
by bruluc
Sisto e Calice, due caratteristici personaggi del territorio gualdese, con una sessantina vignette, hanno voluto raccontare gli anni 2009 e 2010 .
Dialoghi pieni di ironia e di pettegolezzi (resi ancor più caldi e intriganti per l’uso della forma dialettale) riguardo i fatti d’attualità della comunità locale.
Non hanno lesinato critiche a chiunque, a loro parere, non abbia agito “per il bene” del paese e del territorio…ma hanno fatto anche gli elogi quando ciò è accaduto. Perché i due sono “innamorati” del loro paesello e vorrebbero vederlo sempre assai vivibile e molto appetibile agli occhi del turista.

L'autore ha già pubblicato:

- Mollente Nocchie (scr. 2005 autoprodotto 2006
- Mio nonno parla con gli animali (scr. 2007) 1a ed.
Ed. Midgard 2007 - Delle Contrade e dell'Arrampicata (scr. 2008)
Ed. Midgard 2008
- Il Tesoro della Madonna del Monte (scr 2006)
Ed.Midgard 2009
- Quel confine (scr. 2007)
Il Mio Libro 2010
- Finalmente un soffio di vento (scr. 2006)
Il Mio Libro 2010
- La Sindrome della Vendetta (scr. 2008)
Il Mio Libro 2010
- Mio nonno parla con gli animali (scr. 2007) 2a ed.
Il Mio Libro 2010
- Tuoni di Guerra e Lampi di Bontà (scr. 2009)
Il Mio Libro 2011


…a tutti colori che non hanno timore di dire le cose in faccia…sia quelle belle che le brutte!
e...a quilli ciarlatani che ci onno sempre da di de tutto...che chiacchierono solo...e nun movono 'na paja. Toh! Becchete questa!
Pija, pesa, incarta e porta a casa......

- In copertina bozzetto di Vincenzo Boccanera
- Vignette interne dello stesso autore tratte dal mensile
“La Zezzica” 1965/69.

Presentazione

Nel 1968, a Gualdo Cattaneo, usciva il primo numero de “ La Zezzica”. Un ciclostilato mensile che alcuni ragazzi, con la supervisione di Don Giuseppe Boccanera, presentavano alla popolazione gualdese ( a disposizione, per chi volesse prenderne visione, ho tutte le copie uscite rilegate in un volume n.d.a.).
Tra le tante rubriche d’attualità locale, presentava anche “Sisto e Calice”.
Erano questi due curiosi personaggi del posto protagonisti della prima metà del secolo ventesimo. Un po’ come gli Stanlio e Ollio, i Totò e Peppino, i Franco e Ciccio del territorio gualdese. A sentire gli anziani sembra che ne abbiano combinate di tutti i colori.
Una per tutte: “Amanti del Succo di Bacco” fino all’inverosimile si ritrovarono insieme, fiasco alla mano ciascuno, in una serata d’inverno con tanto di neve. Uno abitava la zona di Gualdo, l’altro nei pressi di Gaglioli. “ Che te lascio ji a casa da per te? Co’ stu tempaccio? “ Così Calice decise di accompagnare Sisto fino a casa sua, ma poi una volta arrivati a questi non sembrò bello rimandare indietro l’amico da solo. Una bella sorsata al fiasco e quindi decise di riaccompagnarlo presso la sua abitazione. Altrettanto poi fece l’amico una volta arrivati…e poi l’altro ancora…avanti e indietro. In breve, tra una sorsata e l’altra fecero così per tutta la notte mentre la neve continuava a venir giù copiosa.
Li ritrovarono la mattina dopo addormentati sotto un albero a metà strada con i fiaschi vuoti e con la neve sciolta nel raggio di un paio di metri.
Ecco chi erano i due personaggi.
Ultimamente. Come per incanto sono resuscitati ed hanno ricominciato a rivivere settimanalmente sul sito www.gualdo-cattaneo.com ..... sempre pronti a parlare e a “sparlare” dei fatti di tutti i giorni, con ironia, ma anche con tanta saggezza usando la loro parlata dialettale… che certe cose dette in dialetto danno più colore e calore a quello che si vuol dire. Quello di cui si parlava allora, ma anche quello di cui si parla ora. Ecco che così, dopo poco più di un anno, esce questo volumetto a raccogliere tutte le loro chiacchierate fatte dal giugno 2009 a tutto il 2010. E poi di quello di cui si parlerà domani……. finchè il Padreterno ci darà salute….perché Sisto e Calice sono un po’ come tutti gli eroi dei fumetti….Non invecchiano mai!

In anteprima, però, ho voluto aggiungere una specie di saggio…tanto per illustrare come poteva essere l’ambiente ai tempi dei nostri due eroi....seppur ora protagonisti dell'attualità. Una giornata durante la quale ho immaginato di ritrovarmi a spasso per Gualdo dove mi capita di incontrare tutti coloro che allora lo rendevano vivo in modo tale che se dovesse capitare che i due li nominano, in qualche modo li conosciamo.
“1950.…una giornata a spasso per Gualdo”. 5a edizione.*
“ Perché il ricordo e la conoscenza di pochi diventino patrimonio di tutti!”
L.B.
5a edizione poiché questo documento rimarrà come pagina aperta dove potranno essere inserite altre testimonianze fatte da racconti, storielle, aneddoti dei personaggi conosciuti, ma anche nuovi man mano che ne vengo a conoscenza. Anzi inviterei chiunque volesse procurarmene a farmi consapevole... sempre per sete di conoscenza di un passato prossimo, da poter tramandare, di cui si stanno perdendo i ricordi.

“Perché il ricordo e la conoscenza di pochi diventino patrimonio di tutti.”

“1950...UNA GIORNATA A SPASSO PER GUALDO“. 5a edizione

Essendo molte situazioni tipiche del periodo estivo e altre di quello invernale, in questa mia passeggiata alterno sia le une che le altre.
Forse qualcuna non è propriamente del 1950, ma comunque siamo in quegli anni, anno più, anno meno.
I personaggi li ho voluto chiamare per soprannome mettendo anche in mostra i loro difetti e le loro manie. L’ho fatto di proposito perché parti integranti dei personaggi stessi. Non me ne vogliano gli eredi.
Se qualcuno non viene nominato vuol dire che purtroppo “oggi”…. non lo abbiamo incontrato.


E’ mattina “presto”. Comincia la nostra passeggiata per Gualdo.
Mattina presto significa… circa le 4.00.…ed è notte, sia d’inverno che d’estate.
Sentiamo qualcuno che canta….come se fosse giorno pieno. Ecco Ventura (Buonaventura Bartoli) che sacco in spalla si sta dirigendo verso il suo campetto su, al monte….Canta sempre, all’andata e al ritorno…benché stanco e curvo sotto il sacco contenente le verdure da distribuire a tutti i parenti….casa per casa, senza far torto a nessuno. Forse l’unico momento in cui tace è quando la sera si mette ad ascoltare “Radio Praga”….e guai chi fiata. Anche se è assai difficile cercar di far tacere la moglie Annetta.
A questo canto mattutino e inaspettato risponde, poco dopo, un allegro fischiettare. Si tratta di Pompeo del Coco, detto Chiòreca (Pompeo Bartoli) lo scopino del paese. Fischia allegramente e canticchia “ la ciarapincola” ….che nessuno mai ha saputo di cosa si trattasse. Ha già aperto lo “stallone”, quel grosso locale sotto le scale del Comune ed ha già provveduto a riempire la caldaia con la lignite… per il riscaldamento del palazzo. Uomo assai “procacciolo”, se gli capita di andare a caccia, magari anche portandosi dietro il figlio Picchiarolo (Domenico Bartoli) ci si può scommettere che a mani vuote non tornano mai. Niente cacciagione? E allora fichi, uva, mele, cavoli, noci, ecc…quel che capita, capita. Si dice che una volta, a fine pranzo di una “battitura”, non avendo alcun contenitore a portata di mano, si riempì le tasche di…..maccaroni: ”Fatti col sugo d’oca…so boni ‘n bel pò….è ‘n peccato sprecalli!”
Hai voglia Maria, la moglie, a rimbrottarlo “ Stu scimunito! Quante me ne fa…Quanno è troppo, è troppo!”
Picchiarolo è un ragazzino di sette, otto anni che si rende molto simpatico poiché tende un po' “ad impuntare”…..a balbettare. Cosa che però, per magia sparisce quando è…in movimento. Ecco che allora quando qualcuno lo manda allo Spaccio, là da Flavia, (Flavia Valentini) prima si fa un paio di giri del Monumento…di corsa e poi tutto ansimante e tutto d’un fiato:
“Un pacchetto de nazionali e ‘na scatola de furminanti….”
Dalla piazzetta del Campanile si sente un fischio che sembra un segnale. Lesandrino de Pitirillo (Alessandro Placidi) e Gervaso (Gervasio Formica), gabbie degli uccelli da richiamo in spalla stanno mettendo fretta a Mario de Camillo, (Mario Camilli) quello che in piazza è titolare, insieme alla moglie Candida, del telefono pubblico e che con una macchina nera come il carbone fa un po’ da autonoleggiatore. Una curiosità: Mario è un a persona molto precisa e tiene un “quaderno di caccia” dal 1928 dove segna, anno per anno, le spese e la selvaggina riportata a casa. “ Ogni anno che passa aumentono le spese e calono li celli!“ è solito esprimersi. Questa mattina hanno deciso di andare a caccia insieme, a “nocetta“…ma comincia ad essere tardi.
Per solito si aggrega a loro Uppilio ( Uppilio Carducci) quasi novantenne e da poco festeggiato per essere il più vecchio cacciatore dell’ Umbria. Questa mattina però ha “un doloretto” alle ginocchia e così la figlia Emma lo ha fatto desistere. Al nonnetto non dispiace più di troppo. “Vengono tante belle jovanotte da Emma mia a imparà a fa la sarta…..je fo li dispetti!”
Anche Cacafoco, Argeste ( Alceste Ciliani), tanto per non confonderlo col fratello Alfredo, sta scendendo da casa sua col fucile in spalla. Lui preferisce un altro tipo di caccia: la lepre. Per solito si porta dietro tre o quattro cartucce “ Bastano pè ammazza el lepre…..Che sto a portà a spasso el peso?” Di rado torna a mani vuote…. La gente vuol dire che: “Dal lepre je da da magnà” nel senso che per diversi giorni si reca sullo stesso posto dove presume possa passare e poi una volta viste le abitudini dell’animale, alla fine lo aspetta con lo schioppo e…..buum, una sola “botta” e il gioco è fatto.
I nostri cacciatori hanno appena incrociato Cabardini (Ernesto Capaldini) che a passo svelto, come è suo solito si sta dirigendo verso il Collegio delle Orfanelle….che anche lì bisogna mettere in funzione il riscaldamento….
“Le moniche so’ freddolose….Saprìo io come riscallalle!“ Una della sue solite battute. Poi, deve attaccare dei manifesti. E’ lui l’attacchino ufficiale del paese. Non è che abbia fatto molte “scuole alte” e una volta gli capitò di dover attaccare un manifestone diviso in due parti nella lunghezza: NENNI, la scritta sopra, grande, e sotto PARLERA’ A PERUGIA. Ebbene attaccò male i manifesti così che da una parte si leggeva NE NE… PARLERA’ PARLERA’ e dall’altra NNI NNI…. A PERUGIA A PERUGIA. Fu una vera comica.
Quasi nello stesso momento anche Virginietta (Verginia Ragno) sta scendendo le scale di casa sua, addossata alla Scuola Elementare. E’ la bidella e deve accendere tutte le stufe in terracotta situate nelle aule. Poi provvederà a versare l’inchiostro nei calamai fissati nei banchi di legno coperti di scritte fatte con un temperino, un chiodo, un ferro…. Virginia sarà anche la bidella delle scuole, ma le piace molto scrivere e comporre poesie. Una passione che fin da piccola le inculcò il maestro Aiace (Aiace Leonardi), anche lui poeta, regista di teatro e grande organizzatore di manifestazioni….per solito a carattere “anticlericale”. Circola ancora una poesia riguardante un ipotetico dialogo fra la Rocca e il Campanile che Virginia dice essere sua, mentre qualcun altro afferma essere del maestro. Ma che importa? E’ bella in ambo i casi…
La bidella ha avuto molti figlioli che spesso si sono visti in giro per il paese scalzi e in abiti alquanto dismessi…Che volete, sono tanti… Inoltre un paio di loro, Ezio e Pallino hanno delle gambe storte da far paura. E la madre sempre a ripetere a chi insiste a farglielo fa notare “ Per fortuna che semo poretti…che se erono fiji de signori ja l’iono struppiati! “ ( per cercare di curarli n.d.a.). Ora sono tutti giovanotti. Ezio si è fatto notare ultimamente quando è stata restaurata la Rocca. E’ lui che per settimane ha avuto il compito di curare la stuccatura dei merli…legato come un salame a ciondoloni…poiché essendo sporgenti non si poteva montare un’impalcatura. L’attrazione per molti curiosi che hanno passato diverso tempo a naso in su…a guardare.
Notiamo una luce fioca al di sopra di un portone giù lo “Stradone” ovvero in via Vittorio Emanuele… non si sa più se II° o III° ( tuttora così risulta all’anagrafe) perché qualcuno, alla caduta del Regime aveva pensato di prendersela anche con il Re e con una martellata aveva fatto un buco nella mattonella proprio in quel punto, mentre qualcun’altro aveva pensato bene di spaccare e tirar via il Fascio incastonato sulla torretta del Teatro…giù al Dopolavoro.
Quella luce ci rivela che il Sor Rodolfo (Frigeri Rodolfo) è già in piedi…o ha trascorso tutta la notte lì. Senz‘altro sta trafficando con i suoi alambicchi per fare…il Sagrantino. Si, perché si dice che lui sia solito farlo dalla sera alla mattina, prima che suoni “a giorno“ e la gente curiosa comincia a circolare. La sera è vino e la mattina diventa un Sagrantino dolcissimo. Nessuno sa come fa e gira la diceria che lo faccia ….“col bastone“… come si usa dire. Un’altra attività che lo tiene alquanto sveglio è…lo sviluppo delle foto. E’ lui che nel paese, se ne intende un po’ da fotografo ed anche colui che di tanto in tanto manda qualche articolo ai giornali. Simpatico e ingegnoso è il sistema che ha escogitato per fare “l’arsomijo” cioè le foto tessera. Bisogna semplicemente entrare in una bigoncia e accucciarsi, a seconda dell’altezza, avendo alle spalle un pezzo di muro imbiancato. Resistere immobili in quella posizione per una decina di secondi e….oplà ecco fatta la foto. A Foligno le faranno anche senza tanti preamboli, ma intanto fa comodo che si possano fare anche qui in paese senza perdere la giornata. Pure se qualcuno giura che “E’ meglio ji a vangà piuttosto che sta fermi cuscì…accucciati, per dieci secondi senza poté batte l’occhi….” In tanto tempo di attività solo un reclamo, una sola volta da parte di Maria, la Cianfa, una donna non proprio belloccia. “ Me dispiace sor Rodò, ma queste ve le tenete vue… Ve sete sbajato, questa nun so io….e che so cucì brutta! “….Invece era proprio lei…. “spiccicata!”
Pompeo del Bicchino (Pompeo Trastulli), Preziosi (……Preziosi) e Perelli (Silvio Emanuelli) si sono dati appuntamento sotto le scale del Comune. Il primo si occupa dei cimiteri e anche degli spazi comunali e pubblici , il secondo lavora con l’UNES ( oggi ENEL), legge i contatori e ripara i guasti. Il terzo, invece è addetto a tutto ciò che riguarda l’acqua e l‘acquedotto… fogne comprese. Sembra che oggi sia sorto un problema che riguarda tutti e tre. Poco dopo arriva anche il Paino (Ferdinando Fiorelli….chiamato Fiorino). Anche lui lavora con il Comune e pare che oggi si abbia bisogno del suo “piccone”.
Dalle parti della Piazzetta Mazzini si sente un vociare deciso. E’ Teresa de Recà (Teresa Proietti), la fornaia che sta chiamando a gran voce il marito Arfonso (Alfonso Formica) e la figlia Anna perché c’è da “intridere” (impastare) la pasta per le roccette di Sant’Antonio. Lei non può metterci le mani poiché deve infornare il pane.
Allo stesso modo, forse più, sta sbraitando El Coco (Argante Bartoli) con il figlio Gigetto del Coco, appunto, ( Luigi Bartoli) perché è tempo di recarsi a concludere quel lavoro sul campo dell’Ingegnere (Francesco Baraffa). Dice che lui non può andarci perché lo ha chiamato Ulindo de Mosca. ( Olindo Paliani)…e “ Da lue nun je posso di de no! “ A dargli una mano ci si mette anche Concetta ( Concetta……), la moglie di Argante e così al povero Gigetto non resta altro che tirar su le chiappe dal letto…e alla svelta.
Gigetto cura anche l’orto della signorina Anna (Anna Baraffa) che si trova sotto il muraglione del piazzale della Rocca. C’è una pianta di ciliegie che da tutti sono ritenute le più buone della zona. E’ proprio un peccato non andarle a… ”rubare”….di notte.
Il silenzio della piazza è rotto dal gioioso concertino che fanno le campane nell’avvisare che è ora della S. Messa. Il suono delle campane è molto importante…non si hanno tanto orologi in giro per casa, specie in campagna, e nell’arco della giornata ci si regola con questo. Non per niente “il campanaro” è assai benvoluto tanto da permettersi di fare il giro della campagna e “quasi pretendere” un qualcosa a seconda delle stagioni: grano, olio, vino. Solo una volta l’anno tacciono: il Venerdì ed il Sabato Santo tra la morte di Gesù e la sua Resurrezione. Allora ci pensano i ragazzini del paese a sostituire il loro suono, facendo il giro della campagna, con le “batticie”, delle tavolette con delle manopole di metallo, movibili che percuotono il legno duro provocando un rumore assordante .
Quattro o cinque donnine con il velo in testa stanno risalendo con fare frettoloso da via Toselli. I gualdesi le chiamano comunemente “le Bizzoche”, ma è un modo di dire più affettuoso che offensivo. Affettuoso perché sono loro che si occupano di insegnare il Catechismo ai loro figlioli. Lo fanno con passione e per interessarli maggiormente non esitano a comperare di tasca loro il materiale didattico e religioso: album da colorare, colori, immagini sacre, piccoli opuscoli, ecc… A seconda dell’età: le Fiamme Bianche, le Fiamme Verdi, le Fiamme Rosse….Sono “le signorine” Lucia, quella con gli occhiali molto spessi, e Olga Baraffa, le sorelle del Dott. Zeno, insieme a loro la signora Ida Baraffa, sua sorella la signorina Anna, e le due maestre: la signorina Pina Don e la signorina Adelaide Trabalza. Sembra che sia Don Francesco (Francesco Fidenzoni) che Don Paolo (Paolo De Paolis) non inizino mai le Funzioni Religiose se loro non sono arrivate.
Affacciandosi dal muraglione giù ”La Porta” si può vedere scendere giù, verso Pontediferro il “Postale di Penco” (Giuseppe(?) Penco) , ormai si chiama così, neanche fosse il suo, che si sta dirigendo verso Perugia. Tornerà questo pomeriggio alle ore 15.00 circa. Bigliettaio del postale è il Moro (Giulio Lulani) …il marito di Sterina ( Ester Della Botte…).
Sono ormai le 6.00 passate….il sole è alto, si fa per dire, è tempo che tutti, ormai si mettano in movimento….Tutti tranne “li Signori”.
Il Sor Dante, (Dante Antonini) l’ex Podestà di Gualdo ed ora Padrone di quasi tutte le terre che circondano il paese, è senz’altro un “Signore”, ma invece, forse è fra i primi che si alzano dal letto. Nessuno lo ha visto in giro perché si è buttato sulle sue scartoffie nel suo studio e da lì non si è più mosso. Fedele al detto “L’occhio del padrone ingrassa il cavallo”, cura personalmente le sue tenute, facendosi vedere spesso, presso i suoi poderi che non sono pochi: i Bailà, i Buccioli, i Barchi, il Moretto di Cerquini, i Palermi, la Palombaia, la Valle, lungo il Puglia, la Madonna della Valle, ecc…ci vorrebbe una pagina intera a nominarli tutti.
La Signora Dibranda (Ildebranda Satolli) sua moglie fa capolino sull’uscio dello studiolo. Lei è nipote di Don Ercole Satolli, nipote del Cardinal Satolli, nato a Marsciano e proprietario di buona parte della terre attorno Gualdo.Quelle che poi lei porterà in dote sposando il Cavaliere. Bisogna far piano poiché gli per solito si arrabbia se uno entra all’improvviso nello studio distogliendolo dai suoi conti. Con fare garbato gli chiede se vuole che Peppina (Giuseppa Caselli), la domestica e donna di casa ormai da tanti anni, gli porti il caffè. Poi lo avverte che Antonino, Marino e Giocondo de Pecione (Antonio, Marino e Giocondo Alunni) insieme a Gustino de Iosa (Agostino Iosa) e a Magrino (Rinalducci Crispolto) lo stanno aspettando. Sono quattro dei suoi operai che forse vorranno qualche delucidazione prima di recarsi al lavoro nei campi….giù alla Valle.
Ultimamente il Cavaliere, nonché ex Podestà, appare assai nervoso poiché ha cominciato a ricevere le continue visite dei ”sindacati” che gli stanno imponendo degli orari regolari di lavoro per i suoi dipendenti agricoli. Deve starci per forza, ma ogni tanto gli scappa detto: “Arverranno li tempi che ve toccherà d’artornà a lavorà dalla levata alla calata del sole!” (purtroppo per lui e per i suoi eredi che in seguito “ Si sono magnati tutto” quei tempi non sono tornati…anzi…..).
La moglie di Antonino, Dilina (Adele Cimarelli), spesso si reca ad aiutare nel palazzo del Cavaliere. In particolar modo quando questi ha degli invitati importanti e immancabilmente offre loro “gli uccelletti allo spiedo”, cioè, tordi, merli, fringuelli, allodole, ecc…. C’è da spennarli e allora ecco vediamo Dilina immersa in una montagna di piume per ore intere….lasciando alla figlia Siretta (Sira Alunni) sposatasi da poco e con un figlio di circa tre anni, l’incombenza di preparare il pranzo per il padre. Oltre che aiutare in cucina in casa del Cavaliere, Dilina ogni mattina, camice bianco e cuffietta, vende, presso casa sua, il latte….. che suo marito gli porta su ogni sera dall’allevamento di mucche del Sor Dante “giù alla Valle“.
Memmo, (Guglielmo Alunni), fratello degli altri tre, a perso tempo o quando piove che nei campi non si lavora, accomoda gli ombrelli e “mette la rete “ con il fil di ferro, alle “cocce” (vasi di fiori) rotte. Qualche volta, visto che queste si fanno numerose, pretenderebbe l’aiuto di sua moglie Angelina de Tralacca (Angela…), ma questa invece preferisce “sferruzzare a maglia e spettegolare”…le due cose vanno insieme… sulle “Scale del Monte“, proprio davanti a casa sua. Antonino invece è più abile a riparare, sempre con il fil di ferro, le pigne….quelle che quando ci si mettono a cuocere i fagioli vicino al fuoco, “borbottano” come comari chiacchierone. Un’altra specialità di Antonino è quella di essere bravissimo nel fare gli innesti nelle piante. Come li sa fare lui pare non lo sappia fare nessuno.
Ora il paese comincia ad animarsi. Cominciano ad arrivare i primi carri tirati dai buoi che portano le mercanzie più varie o semplicemente gente che non ha altri mezzi di locomozione e magari, dalle frazioni, è venuta a fare un foglio in Comune.
Questa mattina c’è un carrettino non molto grande, una specie di calesse tirato da un cavallo, proprio davanti alla “pesa“. Sopra c’è un giovanotto che non nasconde un certo nervosismo. Già, perché sta aspettando la Levatrice (Benedetti Marsilia) per accompagnarla a Bivio Pomonte presso la moglie gravida che pare già le se siano “rotte le acque”…. e non c’è tempo da perdere.
Sotto il muraglione di botto si sente lo scoppiettìo caratteristico di un motore in avvio. Armando e Adelmo de Mosca ( Paliani) stanno provando uno dei trattori che servirà per le “battiture”. In bella mostra nel piazzale si vedono la trebbia e due scale verniciate di fresco…. color rosso minio. E’ tempo di pensare a tutta l’attrezzatura che fra poco si comincia a fare il giro delle aie.
Poco più giù, in fondo al paese, davanti alla bottega di stoffe di Martino (Martino Carducci) e di alimentari di Gino de Benvenuto (Gino Pinotti, il cui padre, Benvenuto, è chiamato “ Il Boia“…chissà perché?), ogni giorno è una diatriba. Protagonisti sono El Gatto (Vincenzo Novelli, suocero di Martino), non si sa perché anche lui chiamato così e Maronna de Cuccuemme ( Pinotti Dante).
Il contendere è dato da…… la “cacca” dei buoi e altri animali in genere che passando la lasciano sulla strada di breccia. Subito tutti e due, che abbastanza anziani non hanno altro da fare, pala e secchiello in mano si recano sul punto del misfatto e allora incontrandosi ognuno pretende la “sua razione”. Ma per farne che? Per metterla ai piedi dei rispettivi “piantoni” ( ulivi) che si trovano attorno casa. (questa si che è coltura biologica! n.d.a.)
Passa uno di corsa, borbottando fra sé e sé come suo solito: ”E’ tardi accipicchia, è tardi!” Si tratta di Peppe de Pitrignano (Giuseppe Brilli) un collezionista la cui casa è ormai trasformata in museo. Come ti muovi c’è rischio che qualcosa cada. Non ha figli e non è sposato… ecco perché si può permettere tutto ciò. Appassionato e conoscitore di funghi si sta recando a vedere se per caso ne è uscito qualcuno. Al ritorno, poi, si porterà presso la casa della Sora Dalgisa (Adalgisa moglie di Manfredo Leonardi ) a sbrigare i lavori di casa.
Il sor Pippo ( Filippo Piccini) si sta recando a casa di Celli …(nome per intero: Del Quondam Giuseppe detto Celli Nello)….una vera disgrazia per le “mezzemaniche” degli uffici quando per caso devono registrare il suo nome su un documento. E’ lì per ricordargli che il pomeriggio devono andare presso la caccetta delle palombe…. “Là da Luparini…. sul Colle de San Martino.” Pippo è un personaggio simpaticissimo…e burlone. Il re degli scherzi….. e delle stranezze. Citiamone una a caso: trovandosi a volte seduto al bar in mezzo ad altra gente, all’improvviso gli scappa di sparare un orribile ”scorreggione”. Allora per niente turbato si volta e chiede a quello che gli sta più vicino: “ Che me dicevi core mio?” Giusto per raccontarne una.
Per strada incontra Orlando ( Peruzzi Orlando), il macellaio, e gli chiede se per caso ha “ammazzato qualche vitella”, cosa assai rara, considerata la contingenza dei tempi. In tal caso gli deve mettere da parte la trippa…che vengono a trovarlo i suoi due fratelli, Bionne e Belisario, gli avvocati, con certi amici che pare ne vadano matti. Il macellaio non è molto spedito poiché comincia ad essere affetto dalla cosiddetta “ fiasca”, cioè un prolasso nei genitali e Pippo cinicamente, ma simpaticamente glielo ricorda sempre: “ Orlà, sta fiasca nun je la facemo a artiralla su? “….neanche si trattasse di sacchetto di noci. Si dice in giro che Pippo negli anni che è stato Caporale giù alla Miniera del carbone, a Pontediferro, ne ha combinate più di “Carlo in Francia” …. se lo ricordano tutti.
A proposito di Miniera….è arrivato il camion che raccoglie gli operai…i minatori che fra poco inizieranno il loro turno. Sono già saliti: Zampone (Mario Zamponi), el Monarca (Gino Orazi), Bruno Brilli, Renzo Lulani, Valeriano (Valeriano Maiggi)……. Carlino (Placidi Carlo), Celli ed altri stanno arrivando di corsa con in mano “la cetilena“ e “la gavetta“ del pranzo. Guidatore del mezzo è Adelmo de Iole (Adelmo Cilani).
Primo la Guardia ( Primo Leonardi) sta salendo le scale del Comune proprio mentre il Dottor Zeno ( Zeno Baraffa), sta aprendo la farmacia comunale. Un saluto cordiale fra i due….un’amicizia di lunga data. Per via che una decina di anni fa, durante il Regime hanno avuto entrambi incarichi di responsabilità in seno al Partito. Una volta erano Camerati…..ora sono Amici…
Il Sor Giovanni ( Giovanni Rinalducci ) sofferente alla schiena e perciò alquanto piegato su se stesso e Pascoli (Pinotti Virgilio) sempre con le bretelle in bella vista, si fanno incontro al Capoguardia. Ambedue hanno un problema da risolvere che richiede il suo intervento. Pinotti lo chiamano Pascoli perché ad ogni occasione festosa impronta delle rime improvvise…. proprio alla maniera del grande poeta. Una mania che ha anche il Sor Rodolfo (Frigeri Rodolfo), ma lui si porta i bigliettini già pronti da casa….se li prepara prima.
Di tutt’altra natura invece il problema di Ioanne Forte (Giovanni……) che invece ha problemi di stitichezza…. Sopraggiunge Pacchione (Angelo Siri), il calzolaio, il beone, l’istrione del paese, il cantore di chiesa, l’attore di teatro ai tempi del Maestro Aiace Leonardi, il tamburo o la grancassa della banda musicale. Pronto a dar via l’anima per un fiasco di vino. Va sempre in giro con lo zinale da calzolaio infilato e gli serve a tutto….oltre che per il lavoro. Tirandolo su ci mette la spesa, ci porta in casa la legna, ci lucida le scarpe, se lo mette in testa quando piove, ci si…soffia il naso…..
Fra i due nasce un battibecco. Pacchione rinfaccia a Ioanne Forte il fatto che, stando in campagna mangia troppa carne….ed è per questo che va stitico, mentre lui che quasi tutte le sere è costretto a mangiare insalata o erba cotta, va…. lento che è una meraviglia.
“Dottò, deteje l’olio de ricino, cuscì ‘mpara a magnà de meno la ciccia! ‘Na sera ‘n pollastro e ‘na sera ‘n cunillo….tutte le sere…“ “ Nun è vero buciardo…Dottò, nun je dete retta….“Il Dottor Zeno assiste sorridendo.
Nel frattempo si affollano le scale del comune. Alla spicciolata sono giunti alcuni impiegati comunali: Pietruccio de Pitirillo ( Pietro Placidi), Tomasso ( Tommaso Forcatura), Angelino de Danubia (Angelo Leonardi), la Signora Governatori, Alessandro de Pascoli (Alfredo Pinotti)….Laurino Luchetti. Fanno per entrare, ma vedono che dalle scalette di via del Voltone (più conosciute, però, ahimè, come le “scalette del pisciatoio”) sta salendo, sbuffando non poco il Segretario comunale (Sesto Bartoloni)… Sbuffando perché…. beh, diciamo che è una buona stazza. Lo aspettano… e nel frattempo ecco spuntare dalle piante sotto la Rocca una moto….
E’ in arrivo anche il Sindaco…da S.Terenziano….con tanto di casco di pelle e occhiali….pieno di polvere. Il primo Sindaco effettivo del dopoguerra: Nicola Brunella. Nel marasma che seguì subito dopo l’instaurazione della Repubblica a dir la verità due o tre furono insediati, ma tutti per pochi mesi… Poi è arrivato definitivamente Nicola…così semplicemente chiamato. Sistema la moto sotto le scale scende sbraitando per via di qualche cosa che non va nel verso giusto…come solito suo. Si salutano ed entrano tutti insieme.
Ecco che si sentono i primi rumori dalle botteghe degli artigiani. I più rumorosi sono il giovane Ascanio (Ascanio Masci) che da poco ha preso in mano quella che era la bottega da fabbro di suo padre Ermete e Poldo (Carducci Leopoldo) che entrambi hanno l’officina nello Stradone, dove qualsiasi rumore rimbomba da una parete all’altra che è una meraviglia. Poldo, a dir la verità, sta dando gli ultimi colpi poiché ha intenzione di cessare l’attività per mettersi a fare…il postino a tempo pieno, mentre per Vera, (Vera Valentini)la moglie, si mormora che ha in mente di aprire una rivendita di giornali….poiché sembra che da un po’ di tempo alcuni gualdesi comincino ad essere interessati dalla lettura delle notizie. Giacomino (Giacomo Bartoli), giovanissimo anche lui, invece ha la bottega in fondo al paese, dove ferra anche il bestiame. I tre fabbri del paese che spesso, quando il ferro incandescente è grande e si deve battere alla svelta prima che si raffreddi, si fanno aiutare con le mazze, da tre o quattro operai…. o amici pratici. Quella che ne scaturisce è un’armonia di suoni in sincronia che assomiglia molto all’insieme di suoni di più campane. Un vero spettacolo a sentirsi…anche se assai rumoroso. La bottega di Giacomino si trova proprio a fianco del mattatoio per cui spesso gli tocca anche una incresciosa incombenza. Tramortire con una poderosa “mazzata” i manzi e i vitelli non appena questi varcano la soglia del locale. Dopodiché, prima che l’animale si riprenda i macellai pensano a “scannarlo”. Spettacolo certamente non simpatico, ma se si vuole mangiare la carne….
Anche i falegnami cominciano ad aprire le loro botteghe. Minicuccio (Forcatura Domenico), insieme al figlio Goffredo giù la piazzetta, Angelino (Angelo Fortuna ) in via Roma, Piozzi (Luigi Piozzi) con i figli Giulietto e Aristodemo, Memmo e Giacomino Sciampica (Guglielmo e Giacomo Baraffa) presso il loro palazzone a fianco della Rocca, Campelli (Campelli Vincenzo ) sul “vicolo de Annetta“…. A dir la verità questi ha un secondo introito oltre che fare il falegname (usa piantare le viti col martello poichè dice che ad usare il cacciavite è troppa fatica) .Tutte le domeniche mattina si piazza davanti alle scale del Comune e tira fuori tutta l’attrezzatura…. Di che si tratta? Un banchetto, due corde per delimitare lo spazio da lasciare libero, tre fucili ad aria compressa dotati di proiettili col piumino colorato e dei bersagli che appende al muro fissati su una tavoletta. Un “tirassegno tipo baracconi” improvvisato. Comunque nel giorno di festa sono in molti a sfidarsi e… a fare scommesse sui tiratori. Lui intanto incassa….alla faccia delle viti!
Davanti alla sua bottega c’è Attilio de Cavur ( Attilio Leonardi) con una ronchetta in mano alla quale deve rifare il manico. Passa la Pipetta (Leonilde Guidi) moglie del Pipetto, appunto ( Luigi Guidi), il campanaro e sagrestano, che come vede Attilio gli fa “ Psssss” ripetutamente. Questi ode il verso, si volta e come la inquadra gli tira contro la ronchetta…senza manico. Ma perché questa reazione rabbiosa e pericolosa? Presto detto. Attilio trovandosi una volta a Perugia ed avendo un urgente bisogno non trovò di meglio che avvicinarsi ad un albero e….farla lì…. Senonché un vigile che si trovava nei paraggi lo vide e gli appioppò una multa assai salata per quei tempi. Anche qui a Gualdo capita spesso di vedere gente che la sta facendo contro il muro, sugli spigoli o addosso agli ippocastani sotto la Rocca….ma lì era Perugia. Ora per Attilio quel verso, quel “Pssss” ha sempre il sapore di una “coglionella” e ci va in bestia. Specialmente con la Pipetta che non gliene risparmia una. Una “birbona” che cerca sempre di deridere qualcuno. Ti incontra e all’improvviso ti dice: ” Te cercava Francesco…” e tu, naturalmente: “Chi Francesco?” “ Quillo che te fa ‘n cu…. come ‘n cesto!” Ecco fatto! Ad un giovinastro che per voler fare il furbo, una volta a bruciapelo, aveva fatto a lei la stessa domanda, rispose: “ Chi Francesco? Il fratello di Darietto?” Quel furbo allora: Chi Darietto?” “ Quillo che te fa’, ‘n cu…. come ‘n orghinetto!”
Caio ( Caio Pagliochini), Pacchione, Agusto de Maronna (Augusto Pinotti) e Remo ( Remo Brunelli) sono i calzolai del paese. Le scarpe da riparare non sono poche e in più fabbricano anche scarponi da lavoro e soprattutto sandali. Robustissimi fatti con la tomaia di “pelle anfibia” e col fondo di gomma ricavata dal battistrada delle gomme d’auto usate. In piazza, vicino alla fontanella, sotto le inferiate della chiesetta e sotto le finestre della Caserma dei Carabinieri, situate nel Palazzo dell’E.C.A, vi è parcheggiata una Moto Guzzi rossa fiammante. E’ di Remo che, prima di mettersi al lavoro, ha voluto darle una lavata e una controllata. Domenica si va tutti insieme a fare una gita con le motociclette… e speriamo che non succeda come l’altra volta… Una cosa veramente tragi-comica! Nel tornare di notte, Pietruccio (Pietro Passalacqua) il meccanico del paese, che aveva una gamba di legno, non si sa come cadde nei paraggi di Fiammenga. Subito venne soccorso da alcune persone del posto, ma come fecero per prenderlo mani e piedi, ad un soccorritore gli si sfilò la gamba (di legno) rimanendogli in mano. Immaginando il peggio ed essendo buio pesto non stette tanto a guardare. Cacciò un urlo e scappò via atterrito….Mentre Pietruccio semplicemente indolenzito gli gridava dietro: “Ma do’ vai?“ Poi arrivarono gli amici e tutto apparve meno grave.
Il Toscano (Enoc Pennacchi), si può dire che è l’unico barbiere che ha operato nel paese. Infatti è in fase di cessazione dell’attività e sta aprendo una bottega di generi alimentari….Insomma, per il momento….fa l’uno e l’altro. Parla sfacciatamente toscano ”Ovvìa!“, ma non perché lo sia. Ha fatto il militare in Toscana e una volta preso l’accento, poi, non l’ha lasciato più. Fu lui che anni fa fece fare una bella e grande scritta marrone sulla sua bottega da barbiere. Un altro che con forbici e rasoio si adatta è Adamo Barchi che però non ha una bottega vera e propria e si arrangia a lavorare sotto casa, “giù alle Caselle“. I barbieri sono pochi, poiché a tagliare i capelli ci si arrangia in famiglia…l’un l’altro. Si sistemano decentemente, con tanto di “scrimo” e mettendoci poi la brillantina Linetti, quando ci si sposa o per le “feste ricordatoie….”
Ad aspettarlo c’è Colombo ( Colombo Cariolati(?) il filosofo del paese. Uno spilungone che vive da solo e che…. legge in continuazione. Come capita a chi legge molto, sa molte cose e spesso si vede gente, specie ragazzi che si intrattengono con lui a discutere del più e del meno.
All’improvviso, sulla curva della Porta, proprio davanti la Bottega del Barbiere dobbiamo scansarci di botto. Sta sopraggiungendo un motociclettone assai rumoroso guidato da Nello de Mocco (Nello Muzzi) con sul sellino posteriore suo fratello Ildebrando dai baffi lunghissimi e tenuti all’insù col sego. Nello già ci ha provato una vola ad “entrare” nella bottega con tutta la moto. Aveva fatto un disastro…..Tutto sparso per terra: frutta e verdura, “baccalà a mollo coi ceci”, la cassetta delle aringhe, candele, il sacco dei fagioli, ecc….Tutto ciò, insomma che era stato messo in bella mostra fuori della bottega…..Ed il barbiere ad imprecare…in toscano!
I sarti…e le sarte sono senz’altro i meno rumorosi: Annetta (Anna Fagotti), Emma del Barbiere (Emma Carducci), Amelia de Lulani, Tubio (Tobia Camilli), Lello (Lello Marinangeli). Molto speso li vediamo che si mettono “ad imbastire” seduti fuori della porta di casa e così possono anche scambiare due parole con chi passa.
Le “botteghe dell’alimentari” cominciano ad affollarsi.
Ognuno che esce porta in mano un cartoccio o una “scartata” di qualcosa. Carta paglia, carta oliata, carta da zucchero, carta pane…. (tutte biodegradabili n.d.a.). Non esistono, o quasi, confezioni di sorta.
Si vende tutto “sfuso”e si vende tutto a peso o al litro: la pasta, il riso, lo zucchero, il caffè o l’orzo, la conserva, la marmellata, la mortadella ed il salame, i formaggi, il baccalà, il tonno, le aringhe, le alici e le sardelle, la farina, i fagioli e le lenticchie, l’olio, il vino, il “vermutte chinato“ il mistrà…..
Ecco tutte le botteghe di Gualdo ad una ad una: innanzitutto “ lo Spaccio”, il sale e tabacchi, nella piazzetta B.Ugolino, di Flavia e Antonio de Lella (Flavia e Antonio Valentini). Classica è la battuta di Flavia quando qualche sempliciotto le chiede del sale: “ Nun t’el posso dà… me l’onno mannato pieno de vermi!” Spesso il sempliciotto abbocca imprecando senza pensare che mai e poi mai si potranno trovare dei vermi nel sale. Le sigarette, Alfa, Nazionali e Esportazioni in pacchetti da 20 si vendono anche sfuse, mentre le Serraglio e le Macedonia in pacchetti schiacciati, da 10... più che altro acquistate …dai signori. Per il resto, sigari toscani o trinciato forte e cartine.
La bottega di Gino ( Gino Pinotti) si trovava “giù da Martino“, diventata ormai località, la Cooperativa di Momo e Severino (Girolamo e Severino Bizzarri) davanti al palazzo di Piccini, quella di Alfredo de Reginaldo (Alfredo Valentini) in piazza, la Bottega del Barbiere giù la Porta e Generi Diversi ossia la Bottega del Sor Rodolfo ( Rodolfo Frigeri ) subentrato al padre Giacobbe giù lo Stradone. Qui si può trovare di tutto, dalla “semola” ai chiodi, dai canditi allo spago, dall’acquaragia al “sagrantino”, dalle “sardelle” al carburo per le “cetilene”… che in molte case ancora non è arrivata l‘elettricità, ecc….
Finchè ce l’ha fatta, il vecchio Giacobbe, con un carrettone, si è recato una volta la settimana a Foligno per acquistare i generi che non erano a portata di mano: baccalà, tonno, alici, zucchero, caffè, parmigiano, mortadella, ecc… Nel tornare, siccome lungo il tragitto ormai era conosciuto, era solito fermarsi a fare tappa per vendere qualcosa che i locali gli chiedevano: Fiammenga, Pontenuovo, Bevagna, Fonte Caime, S.Marco, Bivio Gualdo, Villa del Marchese….. Succedeva spesso, però, che strada facendo, alla fine si era venduto tutta la merce. Allora faceva dietro front e tornava a Foligno per fare nuovi acquisti. E questo poteva succedere anche tre o quattro volte di seguito. Insomma partiva con cinque lire e tornava anche dopo tre o quattro giorni con cinquanta lire….più il carrettone pieno di merce. Altri tempi!
A proposito di Momo, prima nominato, dagli occhiali spessi come due fondi di bottiglia, bisogna riconoscere che è persona assai arguta e simpatica dalla battuta sempre pronta…Accusato in gioventù di aver “ingravidato” una ragazza, lui era solito rispondere così: “ Va bene! Vor dì che se nasce coll’occhiali… el fijo… è el mio…..”
Per quanto riguarda la carne possiamo dire che macellerie vere e proprie non è che ce ne siano molte…anzi, ce n’è rimasta solamente una…alla meglio. Quella di Orlando che non ha più tanta voglia di fare questo mestiere e già sta passando le consegne al Cicco (Villelmo Marinangeli). Quella di Pascoli (Pinotti Virgilio), già da tempo ha chiuso i battenti. Questa è la solita risposta di Orlando quando qualcuno gli chiede se la carne è tenera: “ E’ ‘n burro!“ Mentre in realtà la figlia di quella povera pecora, perché di pecora più che altro si trattava, era morta di vecchiaia… Vi lasciamo immaginare quanto “burro” doveva essere quella carne.
I “Signori” ossia, gli Antonini, i Baraffa, i Piccini, i Carducci…“li preti”, la carne se la possono permettere perché possono senz‘altro disporre di ciò che allevano i propri contadini nel podere… non facendosela mancare neanche per loro….i contadini: pollame, conigli, oche, tacchini, faraone, piccioni, agnelli….e poi…il maiale. Questo prezioso e nobile animale però, a dir la verità è appannaggio un po’ di tutti. Tutti possono permetterselo. Quasi tutte le famiglie del paese ne allevano uno o anche due nello scantinato di casa o in qualche “stalletto” poco fuori del paese. Gli danno da mangiare gli avanzi uniti ad un po’ di semola….”Ha da caccià fora quattro dita de lardo!” Quando lo si ammazza o lo si “spezza” si fa festa e si invita anche qualche amico. I piatti di questi momenti sono le fave fatti con i ritagli dell’animale appena ucciso, le ”costorelle e i fegatelli“, “el sanguinaccio“ con l‘uvetta e i pinoli, le “mazzafetiche“. In macelleria invece per lo più… pecore, spesso fatte passare per castrati con qualche vitellone una tantum.
Un altro rumore scoppiettante ed ecco giungere in piazza il sidecar del “pesciarolo” di Foligno. “Pesce e concole… pesce fresco!” comincia a urlare non appena sceso. “ Oggi camina da solo…se provate a toccallo…ve morcica!” Sarà anche fresco, ma l’odore di pesce è forte….troppo forte ed in batter d’occhio si spande per tutta la piazza. Succede spesso che uno si trova dietro l’angolo del campanile e si sente il pesciarolo che sbraita: ” Uno per volta…non spingete…c’è per tutti… piano…uno per volta…..” Ci si immagina una ressa attorno al sidecar, ma una volta girato l’angolo……non c’è proprio nessuno.
Ora,di tanto in tanto, in piazza, si vedono passare frotte di ragazzini. Grembiule nero e fiocco rosso i maschietti e grembiule bianco e fiocco azzurro le bambine. Quasi tutti portano a tracolla una cartella di cartone più o meno sdrucita. Da una specialmente si posso vedere, all’interno, alcuni quaderni con la foderina nera e il bordo rosso. Quelli che “passa” il Patronato Scolastico… ai più bisognosi. Vanno tutti a scuola. I più grandicelli si riconoscono poiché hanno abbandonato i calzoncini corti ed ora indossano i pantaloni “alla Zuava”….al ginocchio.
Incrociano la maestra Nerina e prontamente salutano. Sono bambini molto ben educati….e poi, quella maestra…è meglio salutarla poichè è tanto brava quanto… “dalla bacchettata facile”… data sul dorso della mano…che fa più male, per cui… meglio salutare.
Nelle scuole Elementari i suoi colleghi sono: Il Maestro Cristofori (Cristofori Umberto), la signorina Pina (Pina Don), la signorina Delaide ( Adelaide Trabalza), il maestro Betto (Benedetto Benedetti).
Da poco Trieste e sua moglie Nilde hanno preso in gestione l’unico bar o caffè in piazza, di proprietà di Santina ( Santa Leonardi), sorella di Don Salvatore e di Saverio ( Saverio Leonardi) che fa un po’ da fattore al Sor Dante Antonini. E’ lui che giù al Mulino del Cavaliere controlla insieme al padre Oreste, tutto il movimento delle olive e dell’olio. Gli operai sono su per giù sempre gli stessi: Tomasso e Clito de Buccioli, Antonino de Pecione, Antero de Palermi, Crispolto de Magrino, Antonino de Anna, Gustino de Iosa….. Stufa sempre accesa e filone del pane sul tavolo, non si tirano mai indietro quando devono offrire una bruschetta a chi è venuto a “macinare”.
La piazza è ormai un via vai di gente che si reca o in Comune o alla posta o in banca…. dalla Signora Ida ( Ida Baraffa) che ne è la titolare.
Quando è giornata di “fiera” Gualdo si riempie di bancarelle con gli strilloni che all’incanto vendono tagli di stoffe, corredi, pentole e servizi di piatti ….ma anche croccante e zucchero filato per i più piccoli. “Non ve li do per dieci, non ve li do per nove, né otto, ne sette, ne sei …ma solo per cinque e vi ci metto anche un bel servizio da caffè…. e uno da tè per quando avete ospiti…. E anche una bella zuppiera! Mi voglio rovinare!”
Giù al Campo della Fiera sotto i cipressi c’è la fiera del bestiame con buoi, maiali, pecore, capre… sparsi un po’ dappertutto. Ci pensano i “sensali” a concludere gli affari… afferrando le mani dei due contendenti quando questi non riescono a “combinare” sul prezzo.
Il re della fiera è senz’altro “el Meo” ( Guglielmo Pugnali ). Un personaggio caratteristico, un vecchio cacciatore che porta gli scarponi legati con un fil di ferro.….Un grande fabulatore che con le sue storie inverosimili riesce sempre a fare “crocicchio” attorno a sé. Usa termini stravaganti, ma che rendono molto l’idea. Una volta descrisse così una persona che aveva un cappello non molto pulito: “Portava un cappello a trattoio co’ davanti quattro dita de onto (unto) che ce se potìa fa el brodo pe’ ‘n reggimento de sordati.” Tanto per capirci. Ma forse è questo il racconto più inverosimile che ha mai raccontato e che tutti, nell’incontrarlo se lo fanno ripetere: “Stio a caccia de beccacce. A ’n certo punto me ne capita una che parìa un roplano. Je sparo e quella casca a becco in ju. Mentre che la vo a arcòje te vedo un gran porverone…che sarà mae? Nun ce crederete…la beccaccia, col cascà, ja infilato ‘n to ‘l fil de la schina un lepre che parìa ‘n somaro! Sicchè quisto, ruspa, ruspa, ruspa e… prima de murì … (pausa)…. E nun m’ha arcacciato fora quasi tre chili de tartufi!”
Ecco perché la gente, specie i bambini gli stanno sempre attorno…. ”Arcontetecene un’antra….” “ Stio sempre a caccia.…” (e ci credo, ci passa buona parte della giornata)…. “ Era durante la guerra. Te sento un gran rumore e te vedo veni ju dalle Civitelle un branco de roplani che duviono esse bombardieri. Quanno stonno sopra a me rallentono e uno dal finestrino me fa: ‘ Per il Brennero?’ e io’ facenno segno co la mano: ‘Sempre dritto ….Sempre dritto….” Ecco. Questo è il Meo. La gente attorno ride e ride a crepapelle anche Ortenzo de Mariajoanna, (Ortensio….) un sempliciotto che fa fatica a camminare e che fa fatica anche ad esprimersi. Insomma non è propriamente normale. Tra le tante si racconta che una volta, a fine trebbiatura era rimasto a sistemare la cima su di un pagliaio. Qualcuno volendo, o non volendo gli tolse la scala al che lui si mise a gridare:” Mo’ che fo…ombo? ( salto? zompo?) Oh! ,allora? Ombo?” I più gli dissero di non fare il matto e di aspettare che arrivasse la scala, ma qualcuno inconsciamente azzardò : “Omba ‘n po!”. Non se lo fece ripetere due volte: “ Uno, due, tre….ombo!” …Ombò, ma si ruppe tutto, poveretto!
All’improvviso arriva in piazza un “polverone”(tipo la lepre del Meo)…è qualche giorno che non piove e la strada più che una “strada di terra” è una strada di polvere. Un polverone che avvolge una macchina sportiva, scoperta . A guidarla è Salvatore (Salvatore Bizzarri) il fattore che cura le proprietà “là da Barzacca“. Anche lui tutto impolverato. Fino a poco tempo fa aveva il sidecar e allora lo era ancora di più, sia lui che chi gli sedeva a fianco.
Intanto dallo Stradone stanno salendo a fatica un somaro carico di legna e Belardino de la Bischera (Abelardo Palini). A fatica perché mentre l’animale porta il peso delle fascine sul basco, Belardino fa fatica perché….indossa un paio di scarpe da donna con tanto di tacchino. Sulla cementata fa rumore quanto gli zoccoli del somaro. E’ un’anima semplice, buono come il pane. A chi gli chiede come mai porta le scarpe da donna risponde candidamente che le sue non è riuscito a trovarle…”Cuscì, pe’ nu svejà la moje….” (Gina Passalacqua) ho messo le sue…Tanto portamo lu stesso numero….”
Due figure molto particolari stanno entrando nel bar: il Ragioniere del Sor Dante Antonini ( Carosi Averando), longilineo, accanito fumatore, sempre molto elegante e profumatissimo in compagnia di Giosuè Fiacco (Giosuè…..) il Fattore. Detto “fiacco” (economicamente) per distinguerlo dal suo “vecchio padrone”, Giosuè Antonini, capostipite di tutti gli Antonini “padroni di mezza Gualdo” e quindi … “forte”.
Intanto girando per le viuzze del paese non vi è una finestra dalla quale non si senta uscire uno strano rumore…come di chi picchia su qualche cosa. Sono le massaie che stanno facendo il “battuto“, cioè, con una mannaietta stanno tritando del lardo misto con una “becca d’aglio” o rosmarino o prezzemolo a seconda della cucina che devono preparare. Le massaie di Gualdo si alzano presto. Le cose da fare sono tante. Faccende di tutti i giorni, ma anche “la bucata delle lenzuola“…con la cenere, il “sapone” con il grasso di maiale e la soda, ecc…
Suona mezzogiorno e quasi tutti cominciano a fare ritorno verso casa per il pranzo. Gli artigiani cominciano a sistemare gli attrezzi, mentre coloro che stanno lavorando nei campi preferiscono non rientrare anche se poi non si è troppo lontani da casa. Meglio mandar giù qualcosa all’aperto, all’ombra di una grande quercia senza appesantirsi troppo…e poi magari fare anche un pisolino.
L’ultima persona che prima di pranzo, si vede in piazza è la Paolillo (Agnese Paolillo), senz’altro la signora più elegante di Gualdo che sfoggia sempre dei cappellini (e cappelloni) molto eccentrici e un trucco assai vistoso. Si è recata a far visita alla Signora Maria Antonini portando anche una bamboletta ad Annalù (Anna Lucia Antonini), la figlia maggiore… disabile mentale, purtroppo. Dai portoncini delle loro case la salutano amichevolmente sia la Signora Conocchia (………), la moglie del Dottore del paese, sia la signora Franca moglie dell’Ingegnere (Francesco Baraffa).
Nel pomeriggio, invece, i commercianti, gli artigiani e anche chi non è né l’uno né l’altro usano ritrovarsi giù alla Madonnuccia, davanti alle fontanelle di S. Agostino dove le loro donne già hanno preso posto per lavare i panni…. anche con qualche litigio per via dell’occupazione delle vasche.
Si gioca a “ Papitto”. Ciascuno mette la sua moneta su un mattoncino a forma di parallelepipedo e poi, a turno, da una certa distanza, si cerca di buttarlo giù con delle piastrelle di sasso. Nello stesso tempo ognuno deve cercare di piazzare la sua il più vicino possibile alle monete…per poi prendersele. Qui la fanno da padroni i muratori dalle mani grosse e callose poiché tirano le piastrelle enormi che poi gli altri non riescono a spostare neanche con le …cannonate: Romolo de Nena (Fortuna Romolo), Arduino (Arduino Marinangeli), el Ruscio ( Dino Callarelli), Fabbio (Gino Bartoli), ecc… Specialmente questo…. ha delle mani che sembrano due pale….per cui non vi dico.
Poco più in là i ragazzini….grosso modo quelli che hanno seguito i padri in questa escursione, stanno costruendo una “pista” sulla quale poi giocheranno con le loro palline di “coccio”. Pochi tiri e poi si torna al lavoro….. e a fare i compiti.
La domenica invece niente papitto, ma piuttosto si preferisce “il Ruzzolone” e ci si sfida in gare interminabili lungo la strada che porta al cimitero.
Ognuno torna al suo lavoro, ma ecco che è giunta l’ora della merenda pomeridiana e qui, molti di loro, si ritrovano ancora insieme …. “compagni di merenda”, presso la bottega del Sor Rodolfo. Si fa merenda, in compagnia, con la mortadella o con…. le “sardelle”e un pezzo di pane fresco. Una, due battute sul tacco degli scarponi per togliere il sale in eccedenza e poi giù….salatissime, ma che “ ci si beve proprio bene”! Un bel bicchiere di vino a mezzo pomeriggio è proprio quello che ci vuole…per ritrovare le forze e per finire una giornata di duro lavoro. Anche perché la spuma o la birra e gazzosa sono quasi un lusso... Poi ci scappa anche di fare un giretto a “Morra”, ma senza farsi vedere tanto… che i Carabinieri dicono che è proibita dalla Legge!
E’ ormai sera. Già sta rientrando il camion dei minatori. Alcuni, invece, il ritorno se lo sono fatto in bicicletta…pesantissima, specie dopo una giornata “in galleria”. La mattina, per andare giù è discesa, ma la sera…
E’ il caso di Pompilietto ( Pompilio Passaquieti) che lo si vede passare a tutte le ore poiché giù in miniera fa un po’ da guardiano e gli orari sono diversi da quelli dei minatori. A Pompilietto piace molto leggere e le sue letture preferite sono quelle che trattano erboristeria e…spiritismo. Gli capita spesso, un po’ per divertimento e un po’ perché…ci crede, radunare dei giovinastri curiosi e tutti insieme, attorno ad un tavolo rotondo, evocare il “Soro Spirito”! A sentire i più, mai che questi si sia fatto …vivo. Il dopocena, non sembrerebbe, ma è molto movimentato. C’è più gente in giro di sera che di giorno. Il bar in Piazza è stracolmo e anche “giù la Concordia”, o “giù al Dopolavoro” molti avventori stanno facendo onore al…bicchiere del vino. Chi gioca a carte, chi al biliardo, chi compra un gelato sul cono, chi si gusta un bicchiere di “spuma“ messa al fresco in una conca coi blocchi di ghiaccio che per solito porta Bernetti da Foligno.….. Le donne, anche loro sono uscite di casa ed hanno formato dei gruppetti a seconda di dove abitano: “su le scale del monte, davanti a casa de Perelli” “jù la piazzetta de Margherita” “ ju la porta” “ davanti casa de Martino” “su le scalette de la Posta“, ecc….Un po’ di “pettegolezzo” dopo cena ci sta bene. Intanto danno anche uno sguardo ai ragazzini che stanno giocando a “nasconnarella” che col favore del buio dei vicoli ci si gioca proprio bene.
I “bardasci”…ma anche i meno bardasci, hanno inforcato due o tre chitarre e si sono portati lungo le mura di circonvallazione. E’ tutto un cantare e uno…stonare. Capofila dei meno giovani è senz’altro Pasqualino col mandolino o la chitarra, e poi Poldo, Orlando, Lello, Luigi de Trusiana…… Questi, però, ormai posati e…sposati, non sono più tanto in vena di girovagare e allora il loro è un ritrovarsi un po’ “statico”….da fermo davanti ad una vasella di vino. A volte si unisce a loro Pacchione che prova a battere il tempo con due legnetti. Non per niente è il “tamburo” della banda musicale. Se si combina a passare da queste parti, o se sa che ci si raggruppa, si aggrega anche Gasperino (Gaspare Ponti) soffiando in un’armonica a bocca motivi incomprensibili e accompagnandosi con il gesticolare della mano libera. Abita dalle parti di Gaglioli e suo grande accompagnatore e “manager” è Mario Trabalza, un simpatico “birbaccione” che gliene combina di tutti i colori.
E’ lui che di solito lo stimola a cantare. La sua canzone preferita: ”Faje sentì quella de Margellina…” Gasperino non si fa pregare:
“Non piange Margellina che l’amore nun è male,
prendi l’ago e lo ditale e viè a lavorà co me.
L’ho girata tutta Italia e ‘na parte d’Inguinterra
‘na morosa cuscì bella nu la troverò mae più.”
A Gasperino piace talmente il vino che qualche giorno fa considerò oltraggioso l’invito che gli fecero i Larcioni ( Adelio e Gino Giorgetti):“ Nun el sai? Li Larcioni me voliono porta a Cosparte (Fonte Amerina di Acquasparta)…a be l’acqua….E come no! Ce staccamo la macchina…pe ji a be l’acqua….” Gli sembrava un gran sacrilegio!
Poi c’è il gruppetto dei più giovani e girandoloni. Capofila è senz’altro Ludovico Emanuelli, sempre con la chitarra in mano, poi Eldo, il figlio del maestro di musica… del maestro Febo col clarino, Luciano de Annetta (Luciano Bartoli) col sassofono, Cicala (Enzo Bucefalo), “el Moro” (Silvio Pellegrini) chiamato così perché ha i capelli ….rosso-arancio, Caino del Pipetto (Gualtiero Guidi), Corrado de Caio ( Corrado Pagliochini), Filiberto del Monarca (Filiberto Orazi), Pallino (Ragno Paolo), Baldino (Ubaldo Peruzzi), Ascanio d’Ermete (Ascanio Masci ) che ha una bella voce baritonale e canta anche in chiesa, e poi “el Pecoro” ( Alfiero Orazi), colui che per solito porta il fiasco del vino…e poi tanti altri gruppetti a seconda del proprio cerchio di amicizie che ad elencarli tutti ci vorrebbe una nottata. C’è tanta gioventù a Gualdo…e solo qualche bicicletta che possa servire per evadere…per poter andare in giro, per cui si è costretti a restare in paese. E’ inutile dire che il fiasco del vino è onnipresente.
A proposito di musica….In Gualdo esiste e si fa sentire anche una Banda Musicale attualmente diretta dal maestro Febo. E’ composta da musicisti appartenenti a qualsiasi ceto. Certo che per un minatore o un muratore stanchi morti ritrovarsi dopo cena nei locali sotto le scuole elementari a soffiare in un trombone o a dargli giù di grancassa non è che doveva essere molto riposante. Prova e riprova alla fine a qualcuno si chiudevano gli occhi. Ma la passione e soprattutto la soddisfazione di farsi una suonata, con tanto di divisa per una festa o durante la Processione di Sant’Antonio fra la gente che applaude contenta, ripaga alla grande tutte le ore di sonno perdute.
Se oggi fosse stato un giorno di festa o un sabato, molto probabilmente tutti si sarebbero ritrovati “giù al Dopolavoro, presso il teatro comunale dove c’è sempre qualcuno che organizza qualche “festino”.
Per solito “ la musica” è data da Benvenuto de Fronzo (Benvenuto Crispolti) , o anche dal fratello Ginetto con le loro fisarmoniche. A volte i suonatori sono Dantino ed Ernesto del Bello (Dante ed Ernesto Cerquiglini), ma questi, più che altro preferiscono dedicarsi a festicciole diciamo più “rurali” oltre che buttarsi a “ corpo morto” nei canti della “Passione”, sia nel periodo pasquale che no. Fisarmonica, canto, “triangolo” in metallo, tamburello…..canestro delle uova…..e vai…..casa per casa. Al festino ognuno si porta qualche dolce, si balla la polka, “el sartarello”, il valzer, la quadriglia…. comandata da qualcuno. Poi al culmine della serata si fa “la Reginetta”. Vengono messi all’asta dei dolci e chi offre di più se li accaparra oltre che scegliersi una dama per farci un paio di balli da solo. Guai se qualcun altro prova a muovere un passo. Gli amici di colui che se l’è aggiudicata intervengono proprio a “bruttomuso”!
I più vecchi, le donne e i bambini, specie d’inverno, per solito rimangono in casa e allora vicino alla luce tremolante del focolare ecco che prendono vita quei racconti e quelle storie fantastiche raccontate più che altro dai nonni. Storie di animaletti, di principi e principesse, ma anche di maghi, di streghe, di orchi, di lupi mannari e di…paura che fanno diventare i bambini…. piccoli, piccoli .
Ormai però comincia ad essere tardi…Si va tutti a letto…che domani ci aspetta un’altra giornata di fatica.
Ancora non tutte le case hanno la corrente elettrica, specie quelle che si trovano un po’ fuori dal paese. Per far luce si usano le acetilene o le candele che si riconoscono perché attraverso i vetri si intravedono delle luci fioche e assai tremolanti.
Gli ultimi a rientrare sono quei giovanotti con la chitarra che paiono anche alquanto alticci. E’ successo che si sono portati sotto il balcone di una loro amichetta assai carina ed hanno incominciato ad imbastire una serenata. Ad un certo punto si è affacciato il padre che molto gentilmente, invece di sgridarli, li ha fatti salire a bere un goccetto di vino. Ma non si è trattato solo di un goccetto. Un tranello! Il genitore, forse per vendicarsi del fatto di essere stato svegliato da quei gorgheggi, ha voluto calcare la mano riempiendo loro più di una volta il bicchiere. Ed ora le gambe, nel tornare a casa fanno…. “giacomo, giacomo“… Ci vuole senz’altro una bella rinfrescata alla fontanella in piazza.
Gualdo si addormenta pian, piano nel silenzio più surreale…Silenzio per modo di dire. In lontananza il solito cane che abbaia, una civetta sul campanile, i grilli, le ranocchie “giù ’l fosso”, un paio di barbagianni che soffiano sotto il muraglione “ della Porta”…..
Buona notte!
Luciano Brunelli.
Gualdo Cattaneo anno 1950.