DELLE CONTRADE E DELL’ARRAMPICATA.
…la vera storia fra cronaca e leggenda.
Premessa.
Cronaca, storia e leggenda….
La cronaca di solito e veritiera o per lo meno è fattibile di un controllo all’istante e quindi soggetta a smentite immediate.
La storia un po’ meno poiché chi può averla scritta potrebbe aver buttato giù ciò che più gli faceva comodo e se lì per lì non c’è stato nessuno a smentirlo, allora rimane tale e quale in eterno.
La leggenda…. è leggenda e il più delle volte è frutto di pura fantasia o di passaparola ampliati, distorti o modificati seppur in buona fede. La leggenda non si trova mai scritta, ma più che altro è un qualcosa, un fatto che ci è pervenuto perché qualcuno ce l’ ha raccontato…che un altro l’ha raccontato a lui perché un altro ancora, a sua volta gliel’aveva raccontato….Alla fine è naturale che ne possa venir fuori una cosa distorta e inverosimile almeno in parte.
Dopo una trentina d’anni, quasi trentadue per l’esattezza, dalla prima edizione dell’ARRAMPICATA, la manifestazione che vede protagonisti i Corridori del Monte, della Pieve e della Rocca, le tre Contrade in Gualdo Cattaneo la sera del 3 Settembre, ho potuto constatare che spesso ne sono venute fuori di cotte e di crude. Pura leggenda!
“Chiacchiere tanto per chiacchierare” senza il minimo fondamento, ma anche affermazioni fasulle, declamate con enfasi, nel corso di qualche manifestazione più o meno ufficiale, che spesso e volentieri hanno riportato fatti distorti e privi di veridicità, specie quelli riguardanti le origini della suddetta.
Mi sono sentito in dovere, così, di rendere pubbliche, attraverso questo “libercolo“, tutte le fasi che hanno caratterizzato la nascita dell’ARRAMPICATA nel 1976 e, l’anno prima, quella delle CONTRADE.
Lo faccio perché “ io c’ero “ !
C’ero in prima persona ed ho vissuto tutta la trafila iniziale al pari dei membri dell’allora Consiglio Direttivo della Pro Loco che se vogliono, all’uscita del presente, possono prontamente smentirmi. Farò anche dei nomi, ma cercherò di non abusarne. Solo nei casi più significativi ed indispensabili all’individuazione del fatto in se stesso poiché ricordare e fare i nomi di tutti coloro che hanno collaborato la Pro Loco di un trentennio fa, sarebbe pressoché impossibile.
E’ mio intento fermarmi a quella nostra Prima Edizione.
Poi si alterneranno una decina di Presidenti che tutti sapranno convogliare attorno a loro parenti, amici, simpatizzanti, conoscenti che, almeno per un breve periodo, ce la metteranno tutta per la buona riuscita della manifestazione. Ogni Presidente l’ha un po’ interpretata a modo suo e viene logico che facendo così, alla fine poi abbia potuto procurarsi si, degli elogi, ma anche feroci critiche il più delle volte cattive ed insinuanti di chissà quali giochi e interessi nascosti. E’ stato così per tutti…e sempre sarà purtroppo. Mi viene in mente un vecchio detto: “ Non fare del bene se non ti senti preparato a ricevere un mondo di critiche “.
Con lo spirito alquanto sereno e sincero mi appresto così a raccontare le origini dell’ARRAMPICATA per aiutare i più anziani a ricordare ( credo faccia loro piacere) e perché i più giovani possano così conoscere “ la vera storia” di come nacque questa interessantissima manifestazione in Gualdo Cattaneo. In modo tale che d’ora in poi se ne parli attribuendole un fondamento “storico” reale e veritiero e non la si imbastisca, invece, semplicemente con un alone di “leggenda“…. che “chi più ne ha più ne metta“!
Cosa di poco conto in questo mondo di conflitti, di contrasti, di catastrofi, di disuguaglianze ed anche qui, come sopra.… “chi più ne ha più ne metta“, ma assai importante per coloro che nell’arco dei sei, sette minuti della durata della corsa dell’ARRAMPICATA, stranamente si sentono venire “la pelle d’oca”.
Cap 1. DON GIUSEPPE BOCCANERA.
Posso affermare che il mio rapporto con Don Giuseppe Boccanera, parroco di Gualdo Cattaneo dal 17 febbraio 1952, data del suo arrivo dal quel di Cerreto di Spoleto, fin quasi alla sua dipartita avvenuta nel 2006, è stato, non enfatizzando affatto, un rapporto di “amore e odio”. Non intendo assolutamente parlare di lui in quanto prete, cosa che assolutamente non mi compete, ma cercherò unicamente di evidenziare e prendere in esame la sua “essenza di uomo tra gli uomini” con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti (a mio parere).
Dunque un rapporto d’amore e di ammirazione per la sua mente creativa quando insieme ci mettevamo a tavolino o “spaparacchiati” su due sdraio, sulla terrazza di casa sua, a cercar di studiare un qualcosa che avesse potuto far breccia nell’interesse pubblico e che fosse potuto piacere alla gente sempre desiderosa di cose nuove e originali. Mi cercava perché molto spesso ero ben disposto ad assecondarlo…ma non sempre ed allora ecco che ne scaturiva “l’odio“, per modo di dire, almeno da parte sua. Non nascondeva affatto il suo sentito disappunto quando lo tacciavo di “faciloneria”. Era una parola, per niente contemplata nel suo vocabolario, che odiava e che gli faceva odiare chi l’aveva appena pronunciata. Io lo sapevo e molto spesso mi ritrovavo a “spiattellargliela” in faccia proprio per svicolare da quelle che erano le sue fantasiose ed anche adorabili farneticazioni. A lui veniva in mente un qualcosa e senza considerare le difficoltà che si potevano andare ad incontrare, in quattro e quattr’otto pretendeva che si realizzasse.
Don Giuseppe è stato il parroco della mia infanzia, della mia giovinezza e della mia maturità di uomo. Lui però ha preteso sempre di trattarmi allo stesso modo…alla maniera di quelle mamme che trattano come bambini i loro figli quarantenni e che non esiterebbero a prenderli a scappellotti se per caso dovessero meritarseli.
Mi imponeva, ci imponeva, da bambini di presentarci in chiesa, la mattina, ma più che altro la sera, per “servire la S.Messa” o “la Funzione”, come viene chiamato il Vespro serale dalle nostre parti. Dovevamo fare i chierichetti e chi si fosse rifiutato non avrebbe potuto assistere alla TV dei Ragazzi sul mastodontico televisore della casa parrocchiale. Non ce n’erano tanti in giro per il paese. Erano i tempi di Rex Rider, Wild Bill Hitchok, Pecos Bill e poi Rin Tin Tin, Lassie, Tarzan, Charlot, Stanlio e Ollio. Programmi troppo appetitosi per noi bambini che a quel tempo giocavamo unicamente con il cerchio della bici, le figurine, le biglie e con i tappetti delle gassose…. Non potevamo perderli ed allora, a seguito del suo “ricatto“, tutti in chiesa a fare i chierichetti.
Questo da bambini, ma da ragazzi non è che la musica cambiasse molto ed occasioni per ricattarci non gli mancavano mai.
Formammo un gruppo ed aprimmo un localino per ritrovarci un po’ la domenica ad ascoltare un po’ di musica e fare “quattro salti“. Una specie di circoletto che chiamammo ”Il Grottino”. Avevamo colto nel segno e di quelle festicciole che organizzavamo, “giovanotti” della mia età di Gualdo e di fuori paese, ancora ne parlano. Decidemmo anche di stampare un giornalino ciclostilato per raccontare quanto di bello e di meno bello era successo in paese o stava per accadere. Lo chiamammo “La Zezzica”. Si lavorava di ciclostile, appunto, e questo…. l’aveva Don Giuseppe nel suo ufficio. Per poterlo usare era logico che spesso dovessimo sottostare ai suoi bonari ricatti.
Il reverendo era capace di svegliarsi, una mattina, con un chiodo fisso in testa e non appena incontrava uno di noi: “ Ho un’idea! Cerca gli altri…Venite nel mio ufficio questa sera”. Molto spesso però non si trattava di una semplice idea, ma della descrizione di un’impresa che a dire ciclopica si diceva poco. Esempio: ”Quest’anno, a Natale, sul Colventoso allestiamo un gran Presepe! Deve occupare l’intero monte… facciamo delle statue gigantesche di tre metri circa….di cartone, di polistirolo… colorate e illuminate dai fari… si devono vedere dal muraglione della “Porta”.
Ecco! Vi rendete conto? Come se si trattasse di allestire un presepietto di due metri quadri col muschio ed il laghetto fatto di carta stagnola. Se qualcuno si azzardava a contraddirlo cercando di illustrargli le difficoltà e magari alla fine dandogli del ”facilone”, allora repentinamente andava su tutte le furie e stai tranquillo che quel mese La Zezzica non sarebbe potuta uscire “per impedimenti e problemi tecnici…”
Poi si “faceva la pace”e allora ci si ritrovava ancora ad esaminare progetti meno grandiosi, ma pur sempre interessanti, animati tutti da quel sano stimolo che ci spingeva sempre a tirar fuori qualcosa di nuovo per il piacere dei compaesani e per incrementare, in qualche modo, l’interesse turistico per queste terre. Di interessi privati, seppur di gruppo, nemmeno l’ombra, ci si creda o no! ( molti “ragazzi “ della mia età possono testimoniarlo). Ogni festa al Grottino, con tutte le cose che regalavamo, era una rimessa e gli introiti di ogni numero de La Zezzica ci bastavano a malapena per le spese di quello successivo….e molto spesso faceva fronte proprio Don Giuseppe.
Come non ricordare il suo fare stizzito quando magari, nel passare in processione con il ”Santissimo“ in mano, coloro che si ritrovavano a star seduti davanti al bar non si alzavano reverenziali. Ci metteva poco a richiamarli ad alta voce, con fare burbero, uno per uno. Non era però un prete “bigotto“. Anzi, quando si era al di fuori dell’ambito religioso, era molto aperto, gioviale e spesso istigatore di scherzi anche poco ortodossi. Era un grande organizzatore e credo che la comunità gualdese non ha mai fatto tante gite, tutte ben organizzate, come nella quarantina d’anni nei quali lui è stato parroco di Gualdo Cattaneo.
Un pignolo, un ”testadura” ed un “martello pneumatico” quando si “incaprettava” e voleva spuntarla a tutti i costi.
Con un carattere siffatto, una persona così in vista ed in primo piano non poteva che procurarsi tanti amici…. ma anche altrettanti nemici. Spesso detrattori per il semplice gusto di esserlo o per colpire in qualche modo chi non se ne stava con le mani in mano ad aspettare che un giorno tirava l’altro.
Certo, è stato anche un grande sognatore che a volte è andato a finire col credere fermamente al frutto dei suoi sogni facendoli passare anche per veritieri.
Scrittore di libri, ricercatore storico, ma anche narratore di storie inventate di sana pianta non facendo alcuna distinzione fra uno scritto documentato ed un frutto della sua fantasia. Forse anche per questo bersaglio di coloro che dicevano e dicono di intendersene, di saperne di più e di avere il “seme della verità”…. che però se lo tengono tutto per loro….Sarà poi vero che questi “Soloni” sanno sul serio o “bluffano” anche loro?
Forse il parroco, a volte ha insistito troppo a voler far passar per vere le sue invenzioni, ma è poi tanto importante sapere se qualche centinaio d’anni fa un fatto di secondaria importanza è realmente accaduto o no? Di fatti inventati è piena la storia e credo che poco importi al “romano de oggi” se Roma è stata fondata da Romolo o “da qualcuno che si chiamava come lui”… ( tanto per dare poca importanza alla cosa).
Don Giuseppe Boccanera era uno spontaneo ed altrettanto spontaneamente ha detto ha fatto, ha scritto.
Cap. 2 LA PRO LOCO ED I FESTEGGIAMENTI DEL 1974.
Siamo nell’estate del 1974 ed una sera, al solito, ci ritroviamo tutti convocati nell’ufficio di Don Giuseppe Boccanera. Ci ha chiamati uno per uno senza dirci per quale motivo cosicchè, se non altro per curiosità, cerchiamo di essere presenti. Una quindicina, più che altro trentenni o giù di li, chi più chi meno.
“ Bisogna fare la Pro Loco! “ esordisce dopo i primi convenevoli. Gli si fa notare che una Pro Loco c’è già con tanto di Presidente e Consiglio Direttivo.
“ Si, ma non hanno più voglia…voi invece mi sembrate…e poi l’anno prossimo c’è il Millenario e bisogna prepararsi in tempo…loro non sono adatti. “
“ Millenario di che? “ gli risponde qualcuno alquanto ignaro. Ne esce fuori che il 1975 sarà l’anno del Millenario poiché si presume, essendo i pareri discordanti, che Gualdo Cattaneo sia stato fondato nel 975. Nessuno ebbe da ridire. Lo asseriva Don Giuseppe ed io personalmente credo che non mi sentirei tanto diverso se un domani un qualche storico mi venisse a dire che la data risale a cent’anni prima o dopo. Un benedetto anno senz’altro sarà stato fondato….e allora vada per il 975.…alla faccia dei pignoli che te li ritrovi sempre a sottigliare su cose che non ti cambierebbero certo la vita!
In breve si prende in esame la situazione e alla fine ne viene fuori che la Pro Loco si trova in una fase di stallo e “sedersi” su una fase di stallo può essere molto pericoloso. Concordemente giungiamo alla conclusione che forse è il caso di convocare un’assemblea invitando la cittadinanza ivi compreso il Presidente ed il Consiglio Direttivo per chiedere loro se per caso fossero intenzionati ad impegnarsi per il futuro Millenario o se invece intendevano passare il testimone. Quando il parroco indiceva qualche riunione per solito la gente partecipava ed infatti fu così. Forse l’intero paese desiderava l’arrivo di una folata di vento apportatore di novità. Ci mostrammo molto motivati e così la vecchia guardia decise di buon grado di cedere il passo…ma forse non chiedevano di meglio.
Vista la gran moltitudine di gente presente, prontamente Don Giuseppe propone di passare all’elezione del nuovo Consiglio Direttivo….anzi sciorina, senza tanti preamboli, una serie di nomi che secondo lui potrebbero portare avanti il nuovo impegno. Fra questi c’è il suo ….ed anche il mio. In linea di massima questi nomi piacciono alla gente e così seduta stante viene eletto il nuovo Consiglio. Dopo qualche rinuncia e qualche aggiustamento risulta così formato:
Boccanera Don Giuseppe, Bizzarri Emiliano, Brunelli Luciano, Carducci Giacomo, Leonardi Gabriella, Marinangeli M.Augusta, Peruzzi Ubaldo, Settimi Anna.
Qualcuno lo desiderava più numeroso, ma il parroco senza mezzi termini sentenziò che: “ Quando ci sono tanti galli a cantare non si fa mai giorno!” E poi, se qualcuno voleva darsi da fare, poteva anche farlo dal di fuori del Consiglio…una specie di “appoggio esterno”. Decidemmo subito, anzi, che chiunque poteva partecipare alle riunioni anche “dicendo la sua“,… ma con moderazione.
Vi furono tanti ”qualcuno” e permettetemi ora di fare soltanto i nomi di coloro che molto hanno dato e che purtroppo ci hanno lasciato… come un postumo, personale ringraziamento : Brunella Carlo, Fiacca Antonella, Giulivi Giancarlo, Piozzi Pierluigi, Ramon Luciano, Rocchi Alvano. ( se dimentico qualcuno chiedo venia!)
Ci ritrovammo, tutti, dopo due o tre giorni nell’ufficio parrocchiale. Tutti intorno al tavolo pronti a nominare il nuovo Presidente… mi accorsi di “essere il “più giovane… Prendemmo in esame il nome di più d’uno, ma alla fine Don Giuseppe, a modo suo, prese una decisione:
“ Il Presidente lo fai tu!” rivolgendosi a me. Poi, forse per tranquillizzarmi: “Tanto le decisioni le prendiamo tutti insieme…e poi non ti preoccupare…ci sono io! “ In quel momento quel “ci sono io” mi rassicurò non poco…. d’altronde non avevo alcuna esperienza ”Presidenziale”.
Nei giorni successivi ci mettemmo d’impegno ad organizzare quelli che di lì a poco dovevano essere i tradizionali“ Festeggiamenti del Beato Ugolino e dei SS. Antonio e Antonino”. Mancava poco al 3 settembre 1974 e così cercammo di imbastire un programmino accettabile, ma non molto impegnativo. Il nostro obbiettivo rimaneva il Millenario. Processione motorizzata, la vigilia, con la statua del Beato e poi il giorno della festa tante S. Messe con tanti preti. Banda musicale in piazza, una lotteria ed i soliti giochi popolari: corsa dei sacchi, la rottura delle pigne e l’albero della cuccagna. In quei giorni di festa, al campo sportivo, tanto per presentare qualcosa di nuovo, decidemmo di organizzare una gimkana motociclistica e per attirare ancor più gente lì per lì ci inventammo anche “La Sagra del pomodoro e del peperone arrosto”. Si fece un gran braciere e fu una faticaccia per le donne che avevano deciso di mettersi a disposizione…A pelare i peperoni bollenti non è uno scherzo… Qualcuna, dopo una trentina d’anni, ancora me la rinfaccia.
A chiusura dei festeggiamenti l’immancabile spettacolo pirotecnico che pare non sia festa se non lo si mette in programma. Il grosso dei proventi doveva arrivare dalla lotteria… e a proposito di questa non posso esimermi dal raccontare un paio di cosette curiose…tanto ormai sono passati trent’anni e dopo tanto tempo si può anche mettere una pietra sopra a qualche “marachella a fin di bene”… e perdonare il tutto.
Nell’organizzare la lotteria o pesca gastronomica, come si chiama quel tipo di lotteria, volevamo fare bella figura ed oltre ai soliti polli, conigli, bottiglie di olio e di vino che avevamo racimolato nelle campagne, oltre ai dolci, quelle famose crostate fatte dalle “pie donne” del paese, sempre pronte e assai servizievoli con le richieste del parroco, decidemmo che forse era il caso di metterci un bel primo premio per poter attirare ulteriormente la bramosia di vincere della gente. Un bel premio utile a tutta la famiglia . La scelta cadde su di una lavatrice, un oggetto assai appetibile e di cui, siamo nel 1974, non tutte le famiglie ancora ne erano fornite. Una bella spesa e noi dovevamo fare i conti con quello che potevamo ottenere dalla vendita dei biglietti. Insomma ci doveva restare qualcosa per coprire le spese della festa altrimenti…Qualcuno ebbe una bella alzata d’ingegno ( ricordo chi, ma non faccio nomi):
” Ce la facciamo prestare da un rivenditore nostro amico, la mettiamo in mostra come primo premio e poi…. la facciamo vincere da qualcuno di nostra conoscenza al di sopra di ogni sospetto… per finta. “ Una truffa bella e buona! Ed anche un “peccato” se vogliamo prenderla dal lato religioso. Non predica forse il settimo comandamento: “Non rubare”? Don Giuseppe fece finta di non capire e di non sapere! Vedi mai un giorno il Padreterno lo dovesse tacciare di complicità…
Andò a finire che la lavatrice la “vinse” un mio cugino di Roma passato lì per caso e “ al di sopra di ogni sospetto“. Fece finta di aver pescato il biglietto vincente e dopo una settimana, a festa finita, una mattina alle cinque, la lavatrice fu riconsegnata all’amico rivenditore. Non c’erano allora tanti sponsor ben disposti a finanziare le manifestazioni. I fuochi d’artificio costavano e costano sempre una bella cifra… bisognava arrangiarsi….altro che “peccato”!
Un altro fatto a proposito della lotteria. Il pomeriggio, mentre si era proprio in piena festa e qualcuno con l’altoparlante stava richiamando l’attenzione della gente invitandola ad acquistare i biglietti, ad un tratto, quella stessa voce, chiese del Presidente della Pro loco. Ero io! Recatomi presso il punto vendita mi si presenta un signore che mi fa vedere un tesserino:
“ Sei tu il Presidente?”
“ Sono io.”
“ Sono della SIAE, mi fai vedere il permesso?”
“ Di che? “ gli faccio io.
“ Per organizzare una lotteria…”
“ Pesca gastronomica. “ provo a ribattere e, intuendo il peggio, cercando di arrampicarmi sugli specchi.
“ Fa lo stesso…ci vuole un permesso della SIAE …accompagnato anche da un versamento, ecc, ecc”
“ Non l’abbiamo fatto.”
“ Male! Allora devo farvi il verbale. “
“ Non lo sapevamo…” cerco di giustificarmi ancora.
“Ed ora lo sapete! “. Così dicendo prese a scrivere su un suo blocchetto e poi mi fece firmare aggiungendo che forse era il caso che mi presentassi la mattina dopo in ufficio, a Foligno. Ebbe anche la compiacenza di buttarci là l’ammontare della contravvenzione che ci fece restare tutti a bocca aperta….Altro che far finta di mettere la lavatrice come primo premio! Hai voglia quante lotterie, o pesche gastronomiche dovevamo organizzare! Lì per lì continuammo a darci da fare per la buona riuscita della festa, ma la sera, dopo lo spettacolo pirotecnico, nel sederci per riposare un momento, ci tornò in mente il fattaccio della SIAE e cominciammo a preoccuparci. Al momento non c’era neanche Don Giuseppe che forse con la sua esperienza avrebbe potuto tranquillizzarci non poco. Volle il caso che proprio quella sera, a quell’ora capitasse in piazza un personaggio molto, ma molto in vista… Un pezzo da novanta, amico del parroco, che io avevo avuto modo di conoscere per aver accompagnato il prelato presso il suo ufficio per non so quale motivo.
Ricordo anche che ci elargì una certa somma per far fronte alle spese della festa. Viaggiava con l’autista. Nell’uscire dall’auto mi nota seduto sulle scalette insieme agli altri.
“ Allora, Presidente, com’è andata questa festa? “ Mi alzo per salutarlo e mi viene spontaneo:
“ Bene,bene…ma purtroppo…”
“ Che è successo? “ volle chiedermi.
“ E’ che oggi si è presentato un tizio della SIAE che ci ha fatto il verbale per via che non avevamo il permesso per la pesca…”
“ Chi era? “ mi interrompe lui
“ Ah! Non lo so…non lo conosciamo…” Allora lui cerca di farci una piccola descrizione evidenziando le caratteristiche dell’uomo per permetterci di identificarlo. Ad un certo punto lo riconosce:
“ Si! E’ proprio lui!”
Ciò che quell’uomo in vista ci disse in seguito ci mandò a letto, quella sera, molto, ma molto tranquillizzati. Si espresse pressappoco così:
“ Ho capito. Si tratta di Tizio ( non intendo fare nomi). Quando domani mattina andrete nel suo ufficio ditegli chiaramente così: “Anche…( e qui fece il proprio nome con tanto di titolo davanti ) fa parte del Consiglio Direttivo della Pro Loco di Gualdo ….e ci ha detto che non devi rompere tanto i co….” Trasecolammo tutti.
“ Mica gli posso dire così! “ obbiettai io.
“ E invece gli devi dire proprio così! Altrimenti non capisce.”
La mattina dopo mi recai nel suo ufficio portandomi anche un paio di collaboratori…
Vedi mai! Lo trovammo che aveva una faccia molto burbera. Prima che lui aprisse bocca incominciai molto timidamente:
“ Sa…anche….. fa parte del Consiglio della Pro Loco…” Non appena feci quel nome ci parve che l’uomo stendesse un po’ i muscoli facciali. “ Ci ha detto di dirle che non deve tanto…” non mi fece finire. Evidentemente conoscendo bene quel nostro amico presagiva dove sarei andato a parare.
“ Come mai fa parte del vostro Consiglio? “ non sapevo come destreggiarmi. Buttai là a caso:
“ Perché lui è nativo di Gualdo Cattaneo ed in loco ha anche dei lontani parenti… proprio in paese…e tanti conoscenti.“ La bevve… o fece finta di berla…o reputò che forse era meglio far finta di berla!
“ Me lo potevate dire subito.” si limitò a rimproverarci. A questo punto lo vedemmo molto remissivo. Il suo atteggiamento sottomesso in qualche modo ci “ringalluzzì” e sadicamente fummo anche tentati di infierire oltre. Non lo facemmo anche perchè nel frattempo l’uomo aveva impugnato quel verbale e, con fare calmo, ma che tradiva un certo nervosismo, lo stava letteralmente distruggendo.
“ Bene! Lasciamo perdere…Ma giusto perché è lui…perché è un amico…” “Beh, giusto!” non potei fare a meno di pensare “ Infatti ” non rompere i co…” si dice solo ad un amico, mica ad uno qualsiasi…
” Com’è andata, allora, questa festa? “ volle chiederci alla fine.
“ Bene…benino!” meglio tenerci bassi.
“ Bravi!…Andate pure….e salutatemi…...” e fece il nome di quel nostro comune amico importante. Il verbale era ridotto che sembravano coriandoli. ”Tenga, lo butti personalmente lei nel cestino. Arrivederci…” Nello scendere le scale mi parve che il giorno prima, davanti alla lotteria, mi avesse dato del ” tu “. Mah!
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